viaggio

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08/08/22

164. L'arte, il viaggio, le incombenze e la ristrutturazione


Non ho mai avuto cose materiali e non ho mai guadagnato tanto con la mia arte, ma ho sempre avuto le risorse per riuscire a mantenermi. Negli ultimi 15 anni, avendo avuto una casa in regalo, avevo sempre affittato una o due stanze in questa casa (in cui ho una stanza da studio, una da letto e una affittata) per mantenermi la casa - a Milano - e non essere dipendente da uno stipendio fisso per vivere, permettendomi di vivere con molto poco e di avere tantissimo tempo per la ricerca e per la creazione.


Inoltre, sino a due anni fa, questo meccanismo mi permetteva di affittare anche la mia stanza e andare in altre parti del mondo affittando una stanza a mia volta. E quando partivo in un certo modo fuggivo sempre dalle incombenze e bollette e burocrazia che ci attanagliano nel luogo dove risiedi. Io non sono mai partita per l'India, come molti fanno per trovare un conforto, ma partivo per i luoghi dove potevo fare arte ed avere stimoli, ossia prima New York e poi ultimamente Berlino. Ho vissuto gli ultimi 15 anni lasciando le mie cose nella casa un po' deposito di Milano che nel frattempo era occupata da altre persone (con le quali fra l'altro ho sempre avuto ottimi rapporti, perchè essendo la mia casa in centro, un po' originale e con un buon prezzo, è sempre andata a ruba e non ho avuto mai difficoltà a trovare persone), e vivevo con la valigia in varie stanze del mondo, pensando all'arte e quindi stando bene, in una sorta di ritiro.
 
Ovviamente in tutto ciò avevo una famiglia, che erano i miei a Milano (e un compagno canadese che spesso mi raggiunge nei miei spostamenti, anche lui senza un soldo e anche meno di me, che almeno avevo una casa), e tornavo sempre regolarmente a questo centro, che era il fulcro dei miei spostamenti. Certo era sempre stata una vita dura, senza sicurezze, senza un vero e proprio spazio da vivere (affittando parte della mia casa ho sempre vissuto in meno spazio di quanto mi avrebbe fatto comodo), e gestendo con fatica la parte economica, ma avevo acquisito una abilità estrema a muovermi attraverso network di persone, e tutto aveva un senso e un centro.
 
Ora, dopo la scomparsa dei miei tutto è crollato, soprattutto loro come baricentro, e sono andata in mille pezzi. Sto ricostruendomi un pochino, ma il percorso di ripresa dal lutto se mai avviene è un percorso lungo e graduale. A tutto ciò si aggiunge, e mi complica come non mai perchè non sono abituata, la gestione piombata su di me di tutte le loro cose. E' ovvio che quando non stai bene e non sei lucida non riesci ad occuparti di molte cose pratiche, per cui ho anche rimandato il capire cosa fare, ma nel frattempo queste due case in più mi hanno dato grattacapi, spese, e quant'altro, e per di più non ho capito nemmeno dove vorrei vivere e dove è meglio vivere.
 
Ho deciso di cominciare a sistemare la casa di famiglia che adoro a Viserba (RN), il mio nido creativo da quando sono nata, e però gestire tutto ciò è un'impresa che mi sta sfibrando, fra architetto, impresa, scelte, pagamenti, responsabilità, paure, ansie, arrabbiature, ritardi, appuntamenti, ricerca materiali, ecc. (e nel frattempo non posso nemmeno dormire lì e mi divido fra casa di amici a rimini e casa di milano, invece di andarmene a Berlino come ho fatto altre volte per emigrazione creativa, dove penso solo all'arte ( e ciò mi fa bene! è come essere in un monastero....!ma pieno anche di gente!).
 
So che dovrei tagliare, ma cose pratiche come cercare un'agenzia, liberare la casa dei miei per affittarla o venderla (venderla ora affettivamente non ci riuscirei) mi sono troppo faticose e dispendiose, perchè nel frattempo devo occuparmi delle perdite di acqua dalla casa dei miei, dove l'inquilina di sotto ha fatto una causa per infiltrazioni, e anche di molte altre beghe a rimini. ed io soffro perchè non riesco ad andare nel mio ritiro artistico spirituale - che può avvenire dappertutto e in nessun luogo, basta che mi accoccolo nel mio ritmo...

Non dico che mi lamento, ma davvero è un momento difficile. E non è così facile, come qualcuno mi consiglia, il 'tagliare', nella mia situazione attuale. Certo, so che lo farò, non posso vivere con questi fardelli, ma il tutto è appesantito, se così si puo dire, dal TROPPO amore: troppo amore per i luoghi che hanno avuto a che fare col mio passato e con i miei genitori, troppo amore nei muri, nei mobili, nei luoghi... non so se rendo l'idea.

Vorrei fuggire come facevo sempre e rifugiarmi a Berlino a fare video, o altrove, o viaggiare, ma se non sistemo questa macedonia di cose pratiche, di case senza averne una, e di incombenze arrivate sulle mie spalle all'improvviso, senza che mio padre mi spiegasse niente, non so come posso fare. Già alterno momenti dove mi riprendo il mio tempo e mi isolo dal mondo, ad altri dove il mondo mi vuole e dove, perchè le cose accadano, devo usare un sacco di energie  e di tempo, che preferirei usare nel mio solito modo meditativo e artistico.
 
Di una cosa sono certa: non cambierò il mio modo di vivere solo perchè mi sono arrivate più disponibilità economiche. Meno si ha meglio si sta. So però che sto passando un duro periodo di transizione, e che la cosa che mi piace, e che so fare, è vivere al vento ( ho cominciato diciannovenne a fare viaggi esistenziali dove tutto era una novità e una scoperta interiore, lavorando per tre mesi nei fiordi del Connemara, e poi il lungo periodo in Brasile, alcuni anni dopo la laurea...anche allora partii perchè mi sentivo nel pantano e mi dissi: invece di farmi raccogliere col cucchiaino, vado a rigenerarmi altrove! E così avvenne! Tornai da là con una dose a 3000 di energia vitale, che non passava inosservata... ) ma non so come liberarmi delle incombenze che mi sono piovute addosso. Le sto dipanando a poco a poco, ed è un lavoro certosino. spero che almeno mi fortifichi un po' e mi faccia forse crescere ancora.
 

 


11/04/16

163. Il cammino nella palude


Carissimi, è molto che non scrivo qui, poichè sono alle prese forse col momento più difficile della mia vita. Ma poichè anche questo fa parte della vita di un’artista, che è la vita di noi tutti solo filtrata da un diverso modo sensibile di vedere, da una qualche pazzia o coraggio, forse, e da una serie di opere da fare, finire e conservare (come si sta presentando forte ora il problema di conservare le opere dopo più di vent’anni di lavoro!), allora ho deciso che metto nel piatto anche questa fase difficile della mia vita, e ne scrivo, consapevole che a qualcuno magari può giovare confrontarsi o immedesimarsi anche con gli aspetti più profondi e complessi. Voi sapete che sono sempre vera, e che mettere a nudo ciò che sono, che vivo e che provo, e un progetto in cui credo, per donare e compartire ciò che si chiama vita.

Non so come è andata la Pasqua per voi. Per me in maniera anche piacevole la domenica di Pasqua, in cascina con amici cari, e anche focalizzata sul senso profondo e mistico di questa festa, oggi è il lunedì di Paqua e sono invece molto triste, anzi così depressa che mi sembra che nulla abbia più senso e vedo come lamia vita finita, dove ciò che è stato è stato, e ciò che non è stato non sarà più. Da quando entrambi i miei genitori mi hanno lasciato (e sono due anni ma è come un giorno, diluito in pezzettini di percorso molteplici e duri) non riesco più a pensare come una ‘giovane’, forse avendo fatto per molti anni, anche da adulta, la vita della giovane e della figlia. Riuscivo a costruire forse solo quando c’era mio padre che mi contrastava, e la mia mamma che mi accoglieva in un lago di amore. Non c’è più tutto questo e tutto ciò che era me e la mia vita non la trovo più. Mi accade di cercare di cambiare, e poi essere insoddisfatta ancora, perchè il buco è qualcosa che è dentro, mi viene a noia tutto ciò che prima facevo con gioia, mi vedo in una vita che non riconosco, e fatico in ogni cosa.

Mi sento così sperduta che è come un baratro che mi mangia a volte, e mi sembra che la vita sia come passata ormai. Mi sembra di essere diventata vecchia per fare ancora alcune cose nuove, vecchia per cominciare un’altra vita, vecchia per fare nuovi progetti. Tutto ciò che sto facendo mi lega al passato, perchè vorrei trovare una vita che non c’è più. sto facendo un sacco di fatica per cercare di aggiustare e rimettere in sesto la casa dei miei (peraltro nuova ma sto ancora finendo il doloroso lavoro di aprire i cassetti, di decidere cosa fare delle cose, di curare la terrazza e le cose rinsecchite ed è atroce ricordare ogni momento, e vedere gli oggetti…) perchè la sto facendo rinascere, ma implica un sacco di compiti, burocrazia e lavoro, poi mi sto impegnando da molto a rimettere in sesto la casa di Rimini, quella della nostra famiglia, ed ora ci sono solo io. Tutto mi ricorda il passato, e non riesco a liberarmene perchè ho adorato questi luoghi, e se cerco di trasformarli è una grande fatica e inoltre mi dico sto lavorando per ripristinare un passato che non c’è più. Prima erano dei miei, ed io vagavo leggera da un fiore all’altro, facendo i miei sacrifici e le mie fatiche per mantenermi con un lavoro che non paga abbastanza ma portandolo avanti perchè era la mia missione, vivevo con poco e tutto ciò che avevo me l’ero conquistato. Ora gli stessi luoghi che prima erano una gioia sono diventati croce perchè loro non ci sono più, e croce perchè devo gestirli io, e soccombo fra le incombenze, e non ho una testa strutturata per queste cose, o meglio riesco anche a fare queste cose, ma devo fare così tanti sforzi per tenere tutto sotto controllo e ricordarmi tutto, che poi non riesco più a vivere le altre cose… Non posso cancellare questi luoghi perchè fanno parte della mia vita, ma sono anche un passato che non c’è più. posso solo trasformarli, ma trasformarli, da sola, implica una fatica immane, qualcosa lo sto facendo, ma sono molto stanca, molto stanca, e parte di me vorrebbe fare altro…

Ogni tanto penso che dovrei fuggire all’estero, come ho sempre fatto d’altronde, ad ondate, nella mia vita, per essere in un territorio così neutro dove mi concentro solo sulle persone care, e sul mio lavoro. però poi mi mancano delle radici, anche una casa che rappresenti queste radici, e le uniche radici le avevo prima da qualche parte, i miei e la loro casa, dove sapevo che potevo ritornare (ho sempre avuto una mia casa, ma era un porto di mare i cui accumulare le mie cose, i miei libri e le mie opere, non un nido in cui tornare..). Allora aveva senso fare i mille salti mortali in giro per il mondo, quando c’era il mio nido a cui tornare e da cui sentirmi accolta. Ora che questo nido non c’è più, non mi è nemmeno più possibile fuggire all’estero, perchè non avendo niente a cui tornare, mi dico che devo costruire da qualche parte questo nido. e mi sento persa, dispersa, incasinata, e inutile. tutto è troppo. dove costruire un nido non lo so, perchè forse non ho mai costruito in passato un mio nido e non lo so fare, riuscivo ad abbellire e a dare vita al nido di altri, non so. Mi sento una scema perchè qualche anno fa mi piaceva molto stare a Berlino, mi sembrava che mi aiutava a produrre delle opere creative, e mi divertivo molto, e ci portai addirittura mia mamma, ma ora mi sembra che non ha più senso andarci, perchè un conto è andarci per alcuni mesi e poi tornare al nido regolarmente, come facevo, oppure essere lì con la mia mamma che quando era tutto il mio nido, un conto ora è andarci fissa, ma sentirsi in un paese non tuo, distante anche solo dalle cose e dagli oggetti che ti ricordano i tuoi cari, e non avere nessuno più dove tornare, e allora è meglio restare qua direttamente. Mi sembra che tutto e il contrario di tutto siano possibili e che in queste possibilità senza radici tutto è interscambiabile e alla fine ci si blocca. Mi sento quasi paralizzata, imprigionata da ragnatele di ricordi e di cose che mi tengono legata, mentre prima ero libera e su questa libertà fondai la mia vita, rinunciando anche a molte cose.

E forse non sono capace che di vivere svolazzando da un fiore all’altro e da un’opera all’altra. ma questo si fa quando si è giovani, io ora mi vedo in un futuro in cui da vecchia è patetico girare di fiore in fiore e mi sento anche così tanto stanca di tutto, senza una famiglia e senza un modello di vita che ho costruito per la mia età più adulta e matura. Non sono catastrofica o pessimista, nel fondo ho sempre come una buona stella che al momento opportuno si fa sentire e mi illumina i momenti più bui, ma non so quando dove e come uscire dal tunnel (o il tunnel è la nostra condizione di vita?).







Ho scelto di postare queste immagini in cui mi riconosco ancora, di una performance del 2002 intitolata ‘Uscita irreale’ che è un duetto fra performance e video: se ‘virtualmente’ nel video è possibile uscire dalle scatole e ritrovarsi nudi e liberi, nella realtà le scatole rimangono, ci avvolgono, e anche quando pensavamo di averle distrutte ricrescono sempre, vuoi create da noi stessi o dagli altri o dalla società..


162. Grazie Umberto e buon viaggio


Sono colpita e commossa per la morte di Umberto Eco. Lo vedevo come un grande papà bonario, e ricordo con immensa gratitudine le sue lezioni all’Università di Bologna, dove ci faceva ridere come matti spiegandoci tutte le regole del linguaggio e della comunicazione. Un grande, un grande studioso, un grande semiologo, esegeta, scrittore, affabulatore, uomo. Proprio perchè aveva una conoscenza profondissima ed enorme la trasmetteva con una semplicità e una frizzantezza esilarante. Le sue lezioni erano spettacoli, di un godimento estremo. Ho letto quasi tutti i suoi libri, anche e soprattutto quelli di semiotica, e ricordo che un giorno, molti anni fa, ero in treno e leggendo il suo ‘lector in fabula’ ridevo da sola come una pazza. il mio vicino di treno, incuriosito, dopo mezzora che sghignazzavo, non ha resistito e mi ha chiesto cosa cavolo stessi leggendo di così divertente, ed io gli risposi, con suo grande stupore: un libro di semiotica di Umberto Eco!

Eco parlava delle più innovative teorie facendo gli esempi più quotidiani e ridicoli. Ne ricordo uno, presente proprio in Lector in fabula. Per spiegare l’importanza del contesto per decodificare una frase che nel suo.essere segnico è ambigua, Eco fa questo esempio: “Paolo parla con Piero e gli dice: io faccio l’amore con mia moglie tre volte la settimana. Piero risponde: anch’io’. Ora, come facciamo a sapere se i due parlano delle loro prestazioni amorose oppure se Piero si fa la moglie di Paolo? Ovviamente le parole di Eco erano molto più ridicole, però il senso era questo, e ancora lo trovo un esempio geniale.

Grazie Umberto, per il tuo sapere, per il tuo trasmetterclo con gioia e per quel fascino esilarante che ci regalavi ad ascoltarti a bocca aperta, per la tua grandezza umana e culturale. Grazie e buon viaggio.




qui di seguito una bella intervista recente, pubblicata da doppio zero:


http://www.doppiozero.com/materiali/interviste/umberto-eco-come-ho-scritto-i-miei-libri


162. Masterchef

E’ stato strano per me scoprire quanta gente segua Masterchef, programma che, devo essere sincera, io non sapevo nemmeno che esistesse. Sino a un anno e mezzo fa, quando mi chiamarono per partecipare a una trasmissione come ospite assaggiatore. Era una trasmissione dedicata a Frida kahlo, di cui c’era una importante mostra a Roma, e decisero di invitare artisti e personaggi dell’arte a fare da assaggiatori. Io accettai volentieri perchè quella telefonata venne nell periodo più nero e più triste della mia vita, e la data in cui dovevamo registrare la trasmissione, il 13 luglio, era un chiaro segno per me che in questo invito ci fosse lo zampino della mia mamma, che mi aveva lasciato.

Così andai a Roma per registrare la trasmissione, certo non in forma, ma l’esperienza fu interessante, anche se non esilarante. Avevano imbandito una grande tavolata di vetro, in cui ci avevano fatto accomodare, e ci avevano preparato dicendoci soltanto che dovevamo commentare i piatti riferendoci al gusto ma anche all’estetica dei piatti, e che i concorrenti dovevano cucinare ispirandosi a Frida Kahlo. Il tutto fu abbastanza breve, quando si iniziò a girare, e quando cominciammo a riscaldarci nel chiacchierare, scaldati da un po’ di vino e dimenticandoci delle telecamere, e trovando piacere e naturalezza nella conversazione – Bonami, che era davanti a me, era uno dei commensali più spiritosi – le riprese finirono. All’inizio invece eravamo un po’ più impacciati e freddini. I piatti ci hanno un po’ deluso, 4 portate in tutto, due per squadra, e con delle grandi macedonie di gusti e ingredienti: cernia con pezzetti di frutta e cacao, e quanti più mix possibili che toglievano per lo più il piacere della qualità degli ingredienti che non si sentivano più. Ricordo di una commensale che disse appunto di un piatto: è una cernia affogata nella macedonia!





Nel complesso l’esperienza è stata interessante, forse più per vedere dietro le quinte e la preparazione della trasmissione, che per la partecipazione in sè, che fu troppo corta per poter divertirsi davvero – dovevano essere almeno una decina di piatti diversi ad arrivare e alcuni bicchieri di vino in più! Comunque mi ha colpito il fatto che molte persone, dai contesti più disparati, quando la trasmissione andò in onda, molti e molti mesi dopo la registrazione, mi fermavano dicendomi che mi avevano vista a masterchef: impressionante, pensavo, anche lui o lei vede masterchef? Ed io non sapevo nemmeno che esisteva, e per vedermi la puntata quando andò in onda trovai l’unica amica che avevo che aveva l’abbonamento al canale dove c’era masterchef, che io e nessuno dei miei altri conoscenti aveva-

Comunque per chi lo vuol vedere, ecco il video della trasmissione che è andata in onda. Naturalmente hanno fatto un mega montaggio e preso pochissimi frammenti del nostro stare a tavola e assaggiare e commentare. Ma è divertente rivederlo!


28/08/15

161. La Convenzione di Dublino, i rifugiati, e il video Refugees Welcome integrale per una settimana visibile online

La Germania ha deciso in questi giorni, visto i tragici esodi che continuano imperterriti, di non seguire più la convenzione di Dublino per i rifugiati provenienti dalla Siria e di accoglierli, indipendentemente dal luogo in cui sono sbarcati in Europa. E' un passo importante e un'ottima notizia. Dall'altro lato c'è però l'ennesima terribile notizie della morte di centinaia di persone, sia nel mare che nei tir, nel disperato viaggio di fuga dalle loro terre verso l'Europa.

Alla luce di questi fatti ho deciso di rendere pubblico e visibile online per una settimana la VERSIONE INTEGRALE del mio video 'Refugees Welcome', iniziato a Berlino e finito da poco e quindi ancora inedito.

Ho deciso di divulgarlo poichè lo spirito con cui è nato questo lavoro è di sensibilizzazione e sostegno. Il progetto è nato site specific a Berlino.
Sul mio sito trovate informazioni sul lavoro e sul progetto. Qui in fondo alcune informazioni pratiche, non esaustive, su dati e fatti.

Il video sarà visibile online da oggi mercoledì 26 agosto h.20 a mercoledì 2 settembre h 20. E' possibile condividerlo.

Buona visione
LIUBA


LIUBA, Refugees Welcome, 2013-2015 Germany-Italy, colors, 16'57"



Alcune informazioni pratiche sul tema dei rifugiati:

Rifugiato: è una persona che, secondo lʼarticolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 “nel giustificato timore dʼessere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato".
Secondo le stime dell’UNHCR i rifugiati nel mondo sono circa 11.7 milioni.
L’intera Europa accoglie circa 1 milione 700 mila rifugiati, un numero simile a quello presente nel solo Pakistan. La maggior parte di loro si colloca in Germania, con una presenza di 589.737, mentre 149.799 sono in Gran Bretagna e 64.779 in Italia.

Richiedente asilo : Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio Paese e presenta, in un altro Stato, domanda per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o altre forme di protezione internazionale.

Convenzione di Dublino : LʼUnione Europea, per evitare le richieste di asilo multiple, inoltrate cioè a più Stati, per velocizzare le procedure e per limitare il numero di richiedenti asilo mandati da uno Stato allʼaltro, decide di uniformare il più possibile le procedure e le norme che riguardano questa materia e, a partire dalla Convenzione di Dublino entrata in vigore nel settembre del 1997, prevede che sia competente al riconoscimento o meno dello status di rifugiato “lo Stato nel cui territorio il richiedente asilo è entrato irregolarmente provenendo da uno Stato non membro dellʼUnione Europea”.

Eʼ evidente che lʼItalia, per le sue caratteristiche geografiche, sia il paese d’Europa dove arriva la maggior parte dei rifugiati i quali, pertanto, ottengono dei documenti validi solo in Italia. Ciò causa due effetti paradossali: che l’Italia dovrebbe gestire da sola tutto il grande flusso di arrivo dei rifugiati, e che queste persone, recandosi in altri paesi d’Europa per trovare lavoro, proprio in quei paesi non hanno nè documenti nè possibilità pertanto di lavorare.

Tra le molte proteste per l’acquisizione dei diritti, in Germania la più visibile fu nel 2012, quando con gli slogan "We are here" e "Kein mensch ist illegal" (Nessuno è illegale), più di 200 rifugiati da differenti parti del mondo, allestirono una tendopoli di protesta in Oranienplatz, una piazza del centrale quartiere Kreuzberg di Berlino, supportati anche dalla solidarietà di molti cittadini e di alcuni politici.

“The camp housed around 100 people from the end of September 2012 until April 2014, when it was cleared. From the dozens of tents that once covered the southern side of the square, only one – an information tent – was allowed to remain, and that was burnt down a few weeks ago. The refugees based there demanded the right to work, the abolition of Residenzpflicht and assurances that they will not be deported. In short, they campaigned for an existence free of constant uncertainty and the right to be allowed to settle in Germany. The camp came about as a direct result of the suicide of an Iranian refugee in a refugee shelter in Würzburg in March 2012. (Nina Rossmann)

AGGIORNAMENTO IMPORTANTE:
Dal 25 agosto 2015 la Germania ha deciso di non seguire più la convenzione di Dublino per i rifugiati provenienti dalla Siria, e di accoglierli, indipendentemente dal luogo dove hanno toccato il suolo in Europa. Un bel passo avanti!










160. La soglia


la soglia

"Nel lutto si sta in quello strano luogo che è una “soglia”. E l’insidia è non riuscire a muoversi di lì. La soglia è un luogo particolare: da dove si può guardare indietro, vedere tutto il cammino fatto per arrivarvi; ma da dove si può anche guardare al di là, guardare dentro, guardare oltre. Si vive il dramma se attraversarla o no. Se si pensa di varcarla si ha l’impressione di perdere per sempre quanto sta prima. Se non la si attraversa, si sente il rischio dell’immobilità, della morte psichica, ossia della percezione di essere vivi in una condizione di paralisi."

159. Grazie Isa



Ricevo da Isa e faccio galleggiare qui la mia gratitudine:

"Tu sempre la solita delizia aperta alla luce che allarga la frontiera del bello …."




Isa Traversi in choreography. Thanks Isa!

158. Sui rifugiati, i media italiani e le testimonianze


Non riesco a capire come mai (meglio tardi che mai) il problema dei migranti, del loro sfibrante e pericoloso viaggio per sfuggire a guerre, persecuzioni e violenze, le leggi europee che impediscono di avere documenti se non dove non sei sbarcato (e quindi solo in italia) ecc.. siano diventati pubblici mediaticamente in Italia SOLO ORA, mentre è da anni che c'è questa situazione, e infatti a Berlino il problema dei rifugiati era esploso dal 2012 con la solidarietà di tutte le persone e con la tendopoli dove i rifugiati dormivano e protestavano a Oranienplatz, nel centro di Kreuzberg. Sto terminando un video che avevo cominciato a berlino nel 2013, dove parlo anche di queste cose, con testimonianze reali. (v.progetto refugees welcome)



Gli anni scorsi in Italia il fenomeno dei migranti e rifugiati era letto e visto solo come 'persone che vengono qua a rubarci il lavoro'. Eppure, dall'altro lato, il governo ha invece fatto e aiutato i rifugiati: ho sentito molte storie in questi anni a berlino di rifugiati africani che erano sbarcati a Lampedusa ed avevano ricevuto una grande assistenza dal governo italiano, che li smistava anche in alberghi in ogni parte di Italia. Ovviamente questa ospitalità aveva una fine, e poichè il lavoro in italia non c'era (ricordiamoci che il 2013-14 è stato il picco della crisi in italia) cercavano lavoro in Europa. Alcune persone mi hanno raccontato che avevano trovato lavoro per un periodo in Italia, ma con l'acuirsi della crisi l'avevano perso, quindi avevano pensato di andare via, al nord europa, e moltissimi in Germania. E che succede? si trovavano in Germania come deportati, senza avere diritto ai documenti e senza avere il diritto di cercare lavoro. Fortunatamente per loro Berlino che è la capitale della Germania e la rappresenta, è una città 'anche' alternativa, e una parte dei politici ha preso a cuore e difeso i loro casi, mentre altri politici del governo continuavano a sostenere che 'Lampedusa is in Italy' e per cui il problema dei migranti erano cazzi nostri, come si suol dire.

Addirittura ho saputo che Monti, per cercare di 'risolvere' il problema del continuo arrivo dei rifugiati dalla Libia, Siria e via dicendo (che, ripeto, c'era già allora), ha dato un 'bonus' di 500 euro a chiunque volesse uscire dall'Italia, per aiutarli ad andare altrove, e per lavarsi le mani alla Pilato, come d'altronde faceva l'Europa, che non ha lasciato si può dire l'Italia sola con questo problema. Quindi queste persone accettano con gioia il bonus di 500 euro e se ne vanno dall'Italia con la speranza di trovare lavoro in zone europee più ricche, e dove i rifugiati sono più tutelati. E che succede? Non solo arrivano in uno stato dove non conoscono nessuno, ecc. ecc. non hanno neache i documenti validi per restare o per lavorare! Addirittura ho conosciuto molti che dovevano andare in Italia per 'rinnovare' i loro documenti, documenti però che in Germania non erano validi. Ciò ovviamente ha scatenato un caso politico anche in germania, e le fazioni dei politici si sono divise in due, la via dura e razzista del 'no li vogliamo' e la via aperta di chi li voleva aiutare. Ma, da che ne so, la legge che consente a un rifugiato di ottenenere i documenti in Europa SOLO nel primo paese in cui tocca terra, non è stata ancora modifcata. E la stampa italiana, allora, non ne parlò affatto di questo bonus di 500 euro dato da Monti per tamponare il problema (ho guardato adesso anche sul web: nessuna traccia...)

Quindi strabuzzo gli occhi ora a vedere che finalmente i media italiani si stanno occupando di questa realtà, e di questo problema, ma perchè solo ora, con anni di ritardo?? Purtroppo un paio di anni fa e più, i problemi erano sempre gli stessi, e i nostri politici nascondevano la testa sotto la sabbia facendo gli struzzi e cavalcando l'onda emotiva (che avevano creato coi media) che sosteneva che gli italiani non volevano gli 'emigrati' che gli rubavano il lavoro. E forse purtroppo solo ora, dopo che le morti nel mediterraneo sono continuate e acuite, anche in italia si sta facendo luce su questa situazione. E se i media danno le informazioni più o meno giuste, la gente risponde e reagisce (come gli episodi di solidarietà che stanno accadendo in italia, e che a berlino erano cominciati nel 2012) e i politici non si possono sottrarre a prendere decisioni, che possano tutelare tutti, anche i più deboli.






Alcune immagini tratte dalle performance fatte con e per i rifugiati. 
Dall'alto in basso: 
Refugees Welcome, 2013-2014 
YOU ARE OUT, 2014, 
Senza Tempo (Without Time) 2015 

157. Articoli sul quotidiano 'La Voce di Romagna'


E' da alcuni mesi che un giornalista della Voce di Romagna ha come si suol dire 'scoperto' il mio lavoro, e sta pubblicando vari articoli su di me sul quotidiano riminese e romagnolo 'La Voce di Romagna', anche con qualche tocco polemico contro l'Assessore e la politica culturale della città. Grazie a Davide Brullo per seguire il mio lavoro e per gli articoli!



156. LIUBA @ centrale Fotografia, Rocca Malatestiana, Fano


ROCCA MALATESTIANA di FANO (PS)

nell'ambito della rassegna

IN ITALIA
a cura di Luca Panaro e Marcello Sparaventi

Giovedì 11 Giugno 2015 h. 21.00

TAKE YOUR TIME
Performance e videoproiezione di LIUBA
dal ciclo The Slowly Project
a cura di Luca Panaro,
in concomitanza con la Lunga Giornata della Lentezza


Sabato 13 Giugno 2015 h. 16.00

Mediateca Montanari Memo, piazza Pier Maria Amiani, Fano
Proiezione dei 3 video di LIUBA del ciclo
The Slowly Project
Take your time - New York, 2005-2011
Take Your Time - Modena, 2008
Art is Long, Time is short - Basel, 2004-2009

Screening of the 3 video of LIUBA from the serie
The Slowly Project
Take your time - New York, 2005-2011
Take Your Time - Modena, 2008
Art is Long, Time is short - Basel, 2004-2009

e LIUBA IN CONVERSAZIONE CON LUCA PANARO
con replica della proiezione alle ore 17.















155. LIUBA @ Art Event 2015, festival Internazionale di performance a Monza


Venerdì 29 maggio 2015 h. 21,00
@ URBAN CENTER, Monza

LIUBA
Senza Tempo
duetto di performance e video
in
ART ACTION 2015
12° International performance Art Festival
Direzione artistica di Nicola Frangione


154. LIUBA performance @ Venice Biennale Opening


LIUBA

THIS IS NOT A PERFORMANCE ART PIECE

Venice Biennale Opening May 6, 2015 1 - 6 pm





Un’affermazione scritta che mette in dubbio il suo stesso contenuto provoca uno spaesamento nel pubblico, indotto ad interrogarsi sul labile confine tra ciò che la vita presenta e quello che l’arte rappresenta, e al tempo stesso invita a riflettere sulla natura del linguaggio e sul concetto di verità e finzione, mescolandone le carte. Umberto Eco definiva il segno, “la cosa con la quale si può mentire”.

Con la negazione dell’azione descritta dal testo si sviluppa l’esatto contrario di ciò che viene dichiarato nel gesto, accompagnando i partecipanti della performance in un territorio che contrappone due concetti in modo paradossale.

Il riferimento evidente a la trahison des images rivelata già da René Magritte si materializza in questa opera con il tradimento dell’idea di performance artistica, volendo essa interagire direttamente con ciò che appartiene a la réalité.

La metaperformance si basa sulla giustapposizione paradossale dell’immagine e della scritta che la smentisce, ponendo fine al regime della rappresentazione basata sulla somiglianza.

Relazionandosi dunque con le opere di Duchamp e ‘One and three chairs’ di Kosuth, l’incongruità semantica della non-performance si approccia ironicamente alla realtà contingente, decostruendola e inscrivendola in un sistema complesso costituito dall’analisi scientifica del gesto nel suo contesto.





153. Omaggio a Duchamp

Due video su un grande maestro per il quale provo gratitudine al solo guardarlo.
 

152. Sebastianstrasse e il muro






Quando sto a Berlino non ho abitato altro che a kreuzberg e a neukolln. Sono queste le parti della città che amo di più. E’ qui che sento soprattutto questa atmosfera speciale di internazionalità, di creatività, ed è qui che la città si manifesta in tutti i suoi parchi e i suoi canali. Non è una cosa strana che mi piaccia questa zona, anzi è quasi ovvio, e forse è pure un pochino inflazionata, ma non posso farci niente: per me è ancora la Berlino che amo di più. In questo periodo ho abitato in Sebastianstrasse, strada di Kreuzberg vicino ad Oranienplatz, e proprio su questa strada passava il muro che divideva Berlino. Per cui, il lato della mia casa è nella parte ovest, ma davanti ci sono case che prima erano nella parte est. Strano e curioso. Fa molto pensare. Ancora oggi si può distinguere precisamente, sia a livello architettonico che urbanistico, quale parti prima erano dell’est e quali dell’ovest, ed averle entrambe vicine fa un certo effetto. Ieri ho visto una mostra ‘panorama’ in cui c’era una ricostruzione fedele, attraverso un collage di fotografie ingigantito a dimensione reale, della Berlino anni 80, quindi col muro, proprio a partire da Sebastianstrasse, cioè esattamente dove ho abitato in questo periodo. Condivido con voi alcune foto della sebastianstrasse di allora, col muro. Il portone rosso sulla sinistra, quello in cui stanno facendo il trasloco e portando il tavolo, è la casa dove stavo fino a qualche giorno fa.








151. Ritorno a Berlino e video





Sono stata a Berlino più di un mese, e per lo più ho lavorato al nuovo video Refugees welcome, il progetto site specific che ho in corso qui a Berlino sulle tematiche dei rifugiati e le loro storie. Potete avere più notizie su questo progetto cliccando qui. Sono stata contenta perché per la prima volta non ho montato il video da sola (devo riconoscere che sono in un periodo delicato dove mi è fondamentale lavorare con qualcun altro, almeno per non perdermi nei miei pensieri), come ero solita fare per i precedenti progetti, ma con l’aiuto di un montatore spagnolo, il supporto di un regista americano e la supervisione di un tecnico del suono italiano. Questo poutpurri di persone e incontri da provenienze diverse non poteva accadere che qui a Berlino, ed è per questo anche che ho deciso di venire qui a produrre i lavori. E’ da novembre 2013 che avevo scelto Berlino (e non più New York) come luogo ideale per vivere e fare arte. Purtroppo ci sono stati dei forti dolori nel frattempo e delle grandi perdite, che hanno reso questo ultimo periodo davvero il più difficile della mia vita. A volte ti dicono che le grandi prove della vita vengono per insegnarti qualcosa, oppure per rafforzarti, io posso solo dirvi che sto facendo una grande fatica, a volte sono proprio giù e mi sento sospesa in una bolla di vuoto che non va da nessuna parte e di cui ho paura. Ma poi da qualche parte profonda l’entusiasmo fa di nuovo capolino, l’entusiasmo per la vita e per l’arte, e riesco a procedere per la strada che penso mi sia assegnata (dico ‘penso’ perché non fa giorno che quasi non mi interrogo se sto facendo la cosa giusta o se sto seguendo la strada che devo seguire, e come potete prevedere le risposte sono alterne…!)





Allora, vi dicevo di questa esperienza sociale e lavorativa berlinese che mi ha dato molta soddisfazione perché innanzi tutto ho condiviso l’entusiasmo per i miei progetti con alcune persone, e il processo di creare qualcosa di bello insieme. Inoltre, e cosa fondamentale, per quanto riguarda i video ero bloccata da alcuni anni. Il video nel mio lavoro è una parte assai importante, che fa da complemento alla parte performativa, Era dal 2011 che non finivo completamente un video. È impressionante! Ho lavorato a molti progetti, fatto molte performance e mostre, accumulato molto materiale di riprese, ma nessun video è stato finito. Se devo essere sincera mi sono impantanata nella realizzazione del video di The Finger and the Moon #3, al quale sto lavorando da due anni, e pur avendolo finito un paio di volte, non ne sono soddisfatta, per cui il progetto è sempre aperto, non lo ritengo finito e non l’ho ancora esposto ( e a genova stanno aspettando per esporlo!). Poi ci sono state le mie dolorose vicende personali dell’ultimo anno, che mi hanno bloccato ulteriormente, paralizzato quasi. Ora quindi è quasi una conquista aver finalmente ripreso a lavorare al montaggio dei video, e ad avere finito una nuova opera! E sapevo che da ora in poi non posso più occuparmi interamente del montaggio, e che devo cominciare a collaborare con dei montatori. Così sono doppiamente contenta di aver inaugurato con questo video una nuova fase, che implica la collaborazione di diversi professionisti. Un lavoro di equipe, tenuto insieme dalla mia regia, come succede nei normali film. Mi sento grata a queste persone di aver collaborato con me, e contenta di aver cominciato questa fase collaborativa. Non posso ancora farvi vedere qualche immagine del video, perché manca la correzione colore e la lavorazione dell’audio, anche queste parti che di solito facevo da sola e che ora affido a dei collaboratori professionisti. Ciò mi diverte parecchio, di potermi occupare più precisamente della parte registica e creativa, delegando ai tecnici più esperti di me gli aspetti di loro competenza. E tutto ciò non poteva che avvenire qui a Berlino, città piena e pullulante di giovani (e non) creativi provenienti da ogni parte del mondo. E’ facile trovare collaboratori entusiasti e motivati, oltre ad essere la città sia stimolante, per le proposte, sia tranquilla e lenta, cosa che favorisce la creatività. In questo tempo quindi, a parte qualche evento sociale, o qualche uscita per andare al cinema o a sentire del jazz, o a bere la buonissima birra, ho passato la maggioranza delle mie giornate a lavorare creativamente al video e ad altri progetti, solo inframmezzate dalla ormai abitudine acquisita di correre due volte alla settimana e nuotare una volta alla settimana. Cosa che mi aiuta molto.

150. Questa non è una performance




LIUBA

QUESTA NON E' UNA PERFORMANCE


@ Opening di ArteFiera. Bologna, gennaio 2015







Un'azione - non azione che riflette sulla natura del linguaggio e sui concetti di verità-finzione, arte-vita, mescolandone le carte. L’intenzione è quella di esplorare la relazione tra l’atto performativo e la realtà quotidiana attraverso un gesto in vivo, che sta accadendo nel momento contingente all’azione, ponendolo in risalto dall’atto naturale di vivere.

La metaperformance si basa, infatti, sulla giustapposizione paradossale dell’immagine e della scritta che la smentisce, ponendo fine al regime della rappresentazione basata sulla somiglianza.














149. Performance collettiva e partecipativa YOU'RE OUT a Berlino



YOU ARE OUT

Performance interattiva e partecipativa per un gruppo misto di persone tra immigranti e cittadini

16/11/14 @ Oranienplatz (tenda d'informazione dei rifugiati), Kreuzberg, Berlino

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In questo progetto, che segue e sviluppa Refugees Welcome project, LIUBA continua a concentrarsi sul problema dei rifugiati in Europa e sul problema dell’integrazione e dell’accoglienza dei rifugiati. E’ un progetto che riflette anche in generale sul concetto di espulsione da una comunità.

L'idea della performance è quella di giocare un gioco che simbolicamente riflette ciò che accade nella realtà: non c'è sempre abbastanza spazio per tutti. Il gioco è uno di quelli vecchi che molti di noi avranno sicuramente giocato da piccoli, permettendo alle persone di sperimentare, con i loro stessi corpi, la sensazione di essere rifiutate e la lotta per trovare un posto. Fare questa performance è un modo per avere una profonda consapevolezza su questi temi e dinamiche. E' un lavoro sulla lotta per stabilirsi in un paese e lo sforzo e le possibilità necessarie perché abbia successo.

La performance è concepita per includere come partecipanti gli immigrati e i cittadini, per rappresentare una società multirazziale del nostro tempo e il problema dell'integrazione che i rifugiati devono affrontare quando arrivano in un altro paese.

All’inizio del gioco tutti ballano a tempo di musica. Quando la musica si ferma ciascuno dovrà sedersi su una sedia, ma ci sarà una sedia in meno dei partecipanti, per cui uno di loro sarà escluso. Il gioco continua fino a che tutti saranno esclusi e si ritroverà solo una persona, da sola, nella comunità. La performance finisce con un nuovo giro del gioco con tutti i partecipanti e con una sedia per ogni partecipante: quando la musica finisce ognuno potrà trovare la propria sedia, il proprio posto, e sentirsi a casa.

L'idea di questo lavoro nasce dal senso di frustrazione che proviamo quando vediamo la gente che lotta per avere i documenti necessari per poter stare in un paese, che non sono libere di trovare un lavoro onestamente e sono esclusi dalla comunità. Lo stesso senso di frustrazione viene ogni volta che ci sentiamo esclusi da un gruppo, siano essi amici, familiari, nel lavoro o in un paese.


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22/08/15

148. Performance Refugees Welcome


REFUGEES WELCOME Performance interattiva e collettiva con i rifugiati e il pubblico

14/11/2014 @Kreuzberg Pavillion, Berlino

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Questo progetto ripropone a grande richiesta la performance effettuata da LIUBA l'anno scorso e sarà inclusa dal regista americano Zachary Kerschberg nel suo documentario.


il progetto è' composto da due parti: la performance in galleria, e il precedente e lungo lavoro preparatorio site-specific, consistito nel prendere contatti con rifugiati in protesta a Berlino, nel conoscerli e ascoltare le loro storie e i loro problemi, per poi invitarli a partecipare alla performance in galleria che consiste in 12 simbolici minuti di silenzio in segno dei loro diritti e della loro accettazione.


Alcuni concetti che hanno portato LIUBA a questo lavoro:
Penso che le persone e i loro problemi siano più importanti dei progetti artistici.
Porto delle persone viventi in galleria perchè le persone, le loro vite e le loro problematiche sono ciò che veramente importa adesso.
Raduno insieme persone diverse in uno stesso luogo, perchè ciascuno ha il diritto di stare in quello stesso luogo.
Voglio che le persone stiano in silenzio, osservandosi l’un l’altro. Il pubblico della galleria e i rifugiati. Osservare è il primo passo per conoscere, accettare, rispettare.
Guardare l’altro significa trovare la base comune della nostra esistenza: essere vivi adesso.
Costruisco la performance col proposito di creare esperienze personali per le persone, interiori ed esteriori.
L’arte diventa un mezzo per dare ai rifugiati un modo per essere ascoltati, per essere visibili, per essere rispettati

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Refugees Welcome, videostills, 2015

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